Un’Amministrazione comunale che vede al di là del naso non chiude la ricerca e si batte per valorizzare il nuovo.
Viene il dubbio che sia meglio non parlare di innovazione e di ricerca, presentate come il toccasana per risolvere i problemi della nostra società; come la molla che qualifica i paesi che vogliono essere avanzati. Il sentir ripetere da tutte le parti, con apparente convinzione, come scelta senza alternative, la prospettiva dell’innovazione e della ricerca, ci rende assuefatti al parlare di moda; ci riempie la bocca di prospettive che non conosciamo e che riteniamo che facciano colpo sugli interlocutori.
Se noi Veronesi ci credessimo non avremmo permesso la chiusura, di fatto, del Parco Scientifico e Tecnologico. Invece, quando, sei anni fa, è stata presa la decisione di chiuderlo, nessuno ha obiettato. I titoli dei mass media erano elogiativi. Il sindaco Tosi e la sua maggioranza hanno presentato la loro scelta come la chiusura di un carrozzone inutile, che crea spese per nulla (e avevano ragione: hanno continuato a pagare Presidente e Consiglio di Amministrazione di un ente pubblico dichiarato inutile e costoso). Anche le associazioni imprenditoriali sono rimaste mute.
La strada da percorrere era un’altra: riconoscere i fallimenti del passato; chiedersi, come città, se il Parco era veramente da buttare via o se, con il coinvolgimento di molti, dopo uno studio e una progettazione comune, si poteva ritentare, su basi solide. Oppure se era preferibile fare squadra intorno all’Università (di Verona, di Padova, di Venezia, di Vicenza e altre), dopo aver studiato i tentativi positivi realizzati a livello mondiale.
Se la decisione è chiudere, si chiude sul serio e si smette di dire parole che, nei fatti, dichiariamo inutili. Se questa è la strada, si lascia a singoli docenti, a singole facoltà universitarie, a singoli imprenditori o volonterosi l’avvio di tentativi isolati di nuovi modi di rilanciare l’imprenditoria innovativa e la ricerca scientifica. Continua a leggere →
Nota conclusiva di Tito Brunelli
Un’Amministrazione comunale che vede al di là del naso non chiude la ricerca e si batte per valorizzare il nuovo.
Viene il dubbio che sia meglio non parlare di innovazione e di ricerca, presentate come il toccasana per risolvere i problemi della nostra società; come la molla che qualifica i paesi che vogliono essere avanzati. Il sentir ripetere da tutte le parti, con apparente convinzione, come scelta senza alternative, la prospettiva dell’innovazione e della ricerca, ci rende assuefatti al parlare di moda; ci riempie la bocca di prospettive che non conosciamo e che riteniamo che facciano colpo sugli interlocutori.
Se noi Veronesi ci credessimo non avremmo permesso la chiusura, di fatto, del Parco Scientifico e Tecnologico. Invece, quando, sei anni fa, è stata presa la decisione di chiuderlo, nessuno ha obiettato. I titoli dei mass media erano elogiativi. Il sindaco Tosi e la sua maggioranza hanno presentato la loro scelta come la chiusura di un carrozzone inutile, che crea spese per nulla (e avevano ragione: hanno continuato a pagare Presidente e Consiglio di Amministrazione di un ente pubblico dichiarato inutile e costoso). Anche le associazioni imprenditoriali sono rimaste mute.
La strada da percorrere era un’altra: riconoscere i fallimenti del passato; chiedersi, come città, se il Parco era veramente da buttare via o se, con il coinvolgimento di molti, dopo uno studio e una progettazione comune, si poteva ritentare, su basi solide. Oppure se era preferibile fare squadra intorno all’Università (di Verona, di Padova, di Venezia, di Vicenza e altre), dopo aver studiato i tentativi positivi realizzati a livello mondiale.
Se la decisione è chiudere, si chiude sul serio e si smette di dire parole che, nei fatti, dichiariamo inutili. Se questa è la strada, si lascia a singoli docenti, a singole facoltà universitarie, a singoli imprenditori o volonterosi l’avvio di tentativi isolati di nuovi modi di rilanciare l’imprenditoria innovativa e la ricerca scientifica. Continua a leggere →
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