Il parziale fallimento di Mario Monti e dei ministri che hanno guidato il Paese per oltre un anno, in un compito difficile, dice molto sulle élite italiane dalle quali provengono. Ignorano i meccanismi della politica e della capacità di leadership. Hanno adottato provvedimenti indispensabili, ma non si sono mostrati consapevoli che essi dovevano essere ‘venduti’ politicamente ai cittadini (ad esempio, prevedendo forti indicazioni di equità sociale). La democrazia, regime del suffragio universale e dell’uomo della strada, lo esige, tanto più quando i tempi sono difficili e ai cittadini si chiedono sacrifici non indifferenti. Chi governa ha l’obbligo di spiegare, di enumerare cifre, vincoli e rimedi: cose sacrosante, che devono essere accompagnate però dalla capacità di parlare ai cuori più che alle menti, di invogliare al riscatto, di muovere alla tenacia, all’orgoglio, alla speranza. Atteggiamenti che appartengono alla politica e di cui i politici devono essere capaci, mostrando di:
– essere convinti della propria autorevolezza,
– avere dimestichezza con il comando sociale e con l’esposizione pubblica,
– essere animati da un pathos di condivisione nazionale, da una capacità di comunicare e di mettersi personalmente in gioco
capacità queste che le classi dirigenti italiane, chiuse in sè, possiedono in scarsa misura; cose alle quali il lungo e feroce dominio degli apparati dei partiti sulla cosa pubblica le ha disabituate, staccandole dal profondo della politica. Continua a leggere