di Sergio Paronetto – seconda parte
Una lotta sui fondamenti
Il presidente Giuseppe Conte il 26 settembre all’ONU ha parlato di «multilateralismo efficace» e «partenariato» con gli altri paesi africani. Come sarà possibile costruire una cooperazione internazionale con impostazioni così escludenti e con un decreto sicurezza orientato a generare una disuguaglianza di tipo etnico, quasi un nazionalismo di sangue? Si vuole dichiarare chiusa la stagione dei diritti umani? La lotta politica è oggi una lotta sui fondamenti, è squisitamente politica: in nome del principio della tribù si stanno riscrivendo i codici morali e politici: dietro la negazione del principio di umanità vi è una concezione di comunità politica che fa a pugni con la patria, che è nella nostra Costituzione. Per questo il presidente Mattarella, rinviando alle Camere il decreto Salvini, ha richiamato l’articolo 10: «L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali». Oggi l’indifferenza ai diritti annulla ogni dimensione morale, sostituita da un darwinismo sociale che fascismi del Novecento avevano utilizzato nel confronto tra i popoli e che ora è dilagato in quello tra gli individui.
L’unità impossibile dei contrari
Mettiamo pure tra parentesi le strategie di The Movement o le manovre congiunte russo-americane. Mettiamo tra parentesi anche le frasi sull’indifferenza ai diritti umani. Alla luce della storia, occorre ribadire che un movimento internazionale di nazionalismi è un ossimoro (accostamento di parole di senso contrario), incapace di unificare i nazionalismi (salvo che in guerre di conquista o nel respingimento del “nemico”). L’idea sovranista cozza contro la ragione politica (il classico rapporto tra mezzi e fini) e ogni logica integrativa. Il 9 ottobre a Roma, durante il ricordato incontro con la Le Pen a proposito della tattica sovranista per le elezioni europee del 2019, Salvini afferma: «ognuno celebrerà le proprie vittorie. Poi vedremo». E’ una frase che non garantisce alcun progetto costruttivo. Dove sta la proposta? Anche ammesso che non si voglia distruggere l’Europa ma cambiarla, allontanando i burocrati o gli speculatori (su questo i sovranisti hanno ampia credibilità), come sarà possibile farlo trattando direttamente con Trump e Putin, minando una prospettiva di integrazione? L’unità delle divisioni è l’unità (in-credibile) dei contrari. Salvini e Di Maio dicono di lottare contro la UE per salvare l’Europa. Come si può farlo con il trionfo di forze concorrenti, esclusiviste ed escludenti? Se ognuno dice prima io (supremazia nazionale) come può nascere il noi europeo (cooperazione internazionale)? Voler salvare l’Europa senza attivare un processo di unità federale è come volere la pace preparando la guerra. Per questo oggi l’enfasi sul primatismo (prima l’America, prima l’Italia…) accresce il disordine istituzionale, aumenta le spese militari e il commercio delle armi, prepara avventure belliche o disastri economici. La storia del Novecento l’ha dimostrato.
Voi griderete?
Nel marasma di urla, insulti e altre violenze verbali oggi c’è bisogno di parole alte e belle. A partire dal monito di papa Francesco il 6 maggio 2016: «Che cosa ti è successo Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di gradi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?». L’anno dopo, il 28 ottobre 2017, introducendo un incontro su “ripensare l’Europa”, il papa ribadisce che i cristiani sono «chiamati a ridare anima all’Europa, a ridestarne la coscienza». Oggi davanti ai problemi dell’umanità e alle sfide del mondo Francesco ritiene decisivo rivolgersi ai giovani, sui quali si è celebrato il Sinodo dei vescovi. Già il 26 marzo 2018, in occasione della Giornata Mondiale dei giovani richiamandosi a una frase di Cristo (Lc 19, 40) rivolta ai farisei, li ha chiamati a un grande impegno per ricostruire la nostra umanità. «Se gli altri tacciono, se noi anziani e responsabili – tante volte corrotti – stiamo zitti, se il mondo tace, vi domando: “Voi griderete?”. Per favore, decidetevi prima che gridino le pietre».
Un’alternativa formativa
Il 20 settembre 2018, in occasione della “Conferenza mondiale contro xenofobia, razzismo e nazionalismo populista nel contesto della migrazione globale”, Francesco invita i cristiani «ad andare controcorrente, a riconoscere, accogliere e servire Cristo stesso scartato nei fratelli». Il 23 ottobre, presentando il libro La saggezza del tempo, spinge giovani e anziani a conoscere la storia del Novecento in Europa, a «creare coscienza», a respingere «il suicidio» delle guerre dovute alle chiusure nazionalistiche e alla semina dell’odio, giustificate da Hitler con la purezza della razza e l’idea dello sviluppo della Germania. L’invito diventa laicamente un monito a cercare un’alternativa credibile ai sovranismi. Ma esiste un’opposizione? E dove sono i credenti nell’epoca delle paure e del nascente populismo totalitario, alimentato da ossessioni identitarie e dalla strumentalizzazione dei simboli religiosi?