Archivi del mese: marzo 2019

Una primizia (forse importante) per i lettori di Progetto Verona: nasce un nuovo partito politico.

Aperto, esperto nella solidarietà, in economia e in politica estera, di ispirazione cristiana. Si chiama DemoS – Democrazia Solidale. Oggi è un partito piccolo: tutti nasciamo piccoli, ma occorre nascere per crescere.

Perché nasce DemoS?

Le attuali proposte politiche, anche quelle più recenti, non attraggono una parte notevole di italiani, che non si sentono rappresentati. Ne sono segni il fatto che molti non votano o votano per dovere civico, senza entusiasmo e senza speranza di riscontri positivi.

La disaffezione alla politica porta al voto volatile: si vota una volta in una direzione e la volta successiva, anche a pochi mesi di distanza, in un’altra. Si cambia ogni volta. Mancano proposte politiche nelle quali molti, in particolare i cattolici, possano riconoscersi.

La politica degli ultimi anni ha prodotto la rottura delle relazioni e dei legami. Sembra a molti che la forza dei politici, ampliata dai mass media, sia molto più incisiva dell’apporto coscienzioso delle persone miti, in particolare dei cattolici che, per cultura, creano legami e contatti. Questo porta alla solitudine crescente e all’abbandono.

Preoccupano i rischi per la democrazia. Si diffonde il disprezzo delle Istituzioni, favorito dai comportamenti delle persone che ci guidano, che si pongono al di sopra delle leggi e delle Istituzioni. Il pericolo è che diventiamo tante persone sole che inneggiano a un capitano e a un capo ( è drammaticamente già successo in passato).

In questa situazione DemoS sceglie di esserci, con mitezza, umiltà e determinazione, impegnandosi per mettere insieme i mondi cattolici solidali, aprendo spazi al largo mondo laico solidale. Il mondo cattolico si deve muovere. E’ un popolo portatore di grandi valori e di innumerevoli servizi utili alla collettività, con un difetto grave: troppo spesso si ferma al pre politico. Occorre un passo in avanti. DemoS intanto parte. Guai stare fermi! Siamo una proposta per l’oggi e per il futuro.

Vogliamo occuparci delle persone, in particolare dei poveri, e delle famiglie. Ci impegniamo a cogliere il meglio da qualunque parte provenga e a reinventarci una nuova militanza politica, che parte dal riconnettere le persone, le famiglie e i mondi separati, valorizzando i corpi intermedi e l’associazionismo.

Verona, 27 marzo 2019

Per avere informazioni e per seguire il sito di DemoS ricerca Demos su internet; poi si scorrono le voci in scala fino ad arrivare a DemoS – Democrazia Solidale (https://www.democraziasolidale.it/ ). Si clicca e si apre il sito, con il programma (da leggere con attenzione) e iniziative varie.

I fondatori di DemoS, in parte provenienti dalla Comunità di Sant’Egidio, sono Mario Giro, Paolo Ciani e Gianni La Bella.

La persona di riferimento di DemoS a Verona è Tito Brunelli 3332795916

Chi è interessato, anche solo ad essere informato sul nuovo partito, ce lo faccia sapere.


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Dalla parte di Orban o di Draghi?

Il governo italiano deve mostrare che il suo programma produce crescita economica. Gli Italiani se ne devono accorgere prima delle elezioni europee, in modo che votino in base ai risultati raggiunti. Molto dipenderà da come si concretizzeranno il Reddito di Cittadinanza e la riforma delle pensioni. Decisivo per il governo italiano sarà abbattere, alle prossime elezioni europee, gli attuali equilibri politici. Salvini annuncia con felicità: “Governeremo con Victor Orban”, simbolo del nazionalismo anti Unione Europea. Uscite del genere rompono i rapporti di fiducia, tanto più se contemporaneamente si scartano i consigli di persone come Mario Draghi, che l’Italia dovrebbe ascoltare con gratitudine, ad esempio quando suggerisce di misurare le parole per evitare diffidenze e danni anche economici per famiglie e imprese italiane. Pier Ferdinando Casini: “Polemizzare con Draghi significa farci male da soli”. Di Maio e Salvini sono baldanzosi per i sondaggi favorevoli e per l’assenza di una vera opposizione. Succede però che, dopo mesi di tensione con l’Europa, ascoltino i consigli politici e finanziari. Non è responsabile però tenere atteggiamenti ostili e sospettosi e poi, ogni tanto, uscire con dichiarazioni concilianti. Questo atteggiamento non fa percepire svolte reali. Continua a leggere

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“Rimanere in Europa è l’unica speranza per l’Italia” (Romano Prodi)

Recenti sondaggi mostrano che il 60% degli italiani è favorevole all’attuale governo, anti europeo. La stessa percentuale (il 60%) è favorevole alle Istituzioni europee e vuole l’Italia nell’Unione. Contraddizioni? No. E’ il ‘sentire’ di molti. C’è chi sostiene che la maggioranza a favore dell’Unione Europea è destinata a squagliarsi se entra in conflitto con le Istituzioni europee, se l’Europa viene accusata di ogni nefandezza e se le si scarica addosso la responsabilità di futuri disastri, a partire da quelli economici. M5S e Lega potrebbero essere traditi da un eccesso di sicurezza. Questi movimenti politici o riescono a sopprimere il pluralismo (dando vita a un regime autoritario) oppure, prima o poi, il pluralismo li sconfigge. La maggioranza pro Unione deriva dalla diffusa consapevolezza che l’Italia ha tratto grandi benefici dalla sua partecipazione all’integrazione europea, che ne ha accelerato la modernizzazione. Cambiare è pericoloso. Se ne è reso conto Salvini, che, per ora, ha smesso di parlare di alternative all’Europa. Se l’orientamento pro Europa è solido e motivato, a uscirne male sarà il governo attuale. Luigi Di Maio ha più volte affermato che “questo governo non esce dall’euro né dall’Unione”. Continua a leggere

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Collocazione internazionale: con l’Occidente o con l’Oriente?

18 aprile 1948: il popolo italiano vota e decide la sua collocazione internazionale: l’Italia si ancora all’Occidente, aderisce al Patto Atlantico (1949) ed è coinvolta nel processo di integrazione europea. La larga maggioranza degli Europei (Italiani e Belgi in prima linea) è favorevole all’integrazione europea come strada maestra per la rinascita del Continente, con vantaggi economici per tutti. Le difficoltà intervengono quando l’Europa da realtà economica diventa anche fatto politico, oggetto di dispute e di conflitti. Col passare degli anni la crescente lontananza tra i cittadini e i cosiddetti burocrati europei rende l’Europa poco credibile e poco presentabile. Le elezioni europee del maggio 2019 possono segnare il declino dell’idea stessa di integrazione europea, a favore degli Stati nazionali. Anche molti italiani sembrano mettere in discussione le scelte pro Occidente; probabilmente però non hanno intenzione di guardare verso Oriente (Russia e Cina). Preoccupano le aperture filo russe di Salvini che punta a cancellare le sanzioni economiche contro la Russia, che non rispetta gli accordi sottoscritti e occupa la Crimea e territori dell’Ucraina. Se lo facesse l’Italia? Lo stesso Salvini ha difeso i dazi imposti da Trump “per arginare la prepotenza tedesca”.  Che l’Europa si presenti agli appuntamenti internazionali divisa e che l’Italia appoggi Trump crea sospetti. L’Europa teme che Salvini voglia staccare l’Italia dall’Unione. Di Maio attenua le diffidenziazioni: “La funzione dell’Italia è nell’ambito della NATO, dell’alleanza occidentale. Restiamo però dialoganti con la Russia e i Paesi del Mediterraneo”. Al che Salvini ribadisce: “Al governo mi hanno mandato gli Italiani; a loro rispondo. E non arretro”. Continua a leggere

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Il sogno europeo è nelle mani e nel cuore dei giovani

L’Unione Europea non è un comitato d’affari; non è solo un’unione doganale; non è una opportunità alla quale attingere quando conviene: si tratterebbe di un progetto di corto respiro. L’Unione ha subito scosse potenti: pesano in particolare le mostruosità del nostro passato (due guerre mondiali). L’attuale crisi economica poi, acuita da un’ondata migratoria di dimensioni notevoli, ha lasciato pesanti riflessi sulla popolazione.

Occorre una comune direzione di marcia: quel “sogno europeo” che aiuta a superare le crisi, coscienti che i passi indietro sono possibili. La questione riguarda soprattutto i giovani che devono diventare artefici del loro destino, coscienti del di più che viene dall’essere Unione Europea: un mercato unico; uno spazio economico con responsabilità da potenza globale; un luogo qualificato della libera circolazione delle persone, delle idee e delle merci; un modello sociale unico, che ridistribuisce risorse a livello internazionale; uno spazio di libertà, in una cornice di garanzie, di sicurezza e di stabilità. L’Unione è fatta di persone, con le loro ansie e aspettative. Purtroppo spesso la realtà delude: la promessa di prosperità offerta dall’euro non è stata mantenuta; sono mancati lungimiranza e coraggio, ad esempio quando ci si preparava all’unione monetaria (il valore della moneta si è dimezzato). Alcune richieste di sacrifici non erano nell’interesse di tutti. L’aspirazione di assomigliare alla Germania aggravava il complesso di inferiorità degli Italiani: le distanze aumentavano anziché ridursi.

Salvini e Di Maio si collocano in questo quadro: non pretendono di sapere; hanno risposte sbagliate, ma le domande (disoccupazione e disuguaglianze) sono giuste; sono liberi da complessi e dal desiderio di piacere in Europa; sollevano i cittadini dal senso di inferiorità rispetto a un modello superiore: la Germania. Convincono gli Italiani che sono liberi: vanno bene così, nei loro limiti: niente di più è atteso da loro. Quest’aria che si respira è una illusione, purtroppo. Sono soffocanti gli interessi sul debito.  L’Italia resta una società bloccata; la popolazione è in drammatico declino; l’emigrazione dei giovani è una emorragia. L’Italia non va bene come è, ma Salvini e Di Maio ci portano ad abbracciare la nostra anomalia senza sentirci giudicati. E gli italiani continuano a investire soldi in titoli del debito pubblico; si rivolgono a banche che acquistano titoli del debito italiano; cercano mutui per acquistare l’abitazione. Sembrano capire che i mercati non sono mostri che mirano al fallimento dello Stato, ma milioni di persone ed enti che fanno il possibile per salvaguardare i propri soldi.

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Madornali errori del governo italiano in Europa

Salvini e Di Maio, appena arrivati al governo dell’Italia, hanno aperto le ostilità contro l’Unione Europea in nome del popolo sovrano: “Chi governa deve tener conto delle preferenze dei cittadini, espresse con il voto”. Vero. Ma il rispetto del mandato elettorale non è l’unico dovere di un governo democratico. Occorre anche rispettare la Costituzione, che prescrive il pareggio di bilancio e l’osservanza dei vincoli comunitari. Occorre tutelare l’interesse complessivo e il funzionamento dell’economia, delle istituzioni, della sicurezza collettiva, delle relazioni internazionali. Tra una elezione e l’altra possono sorgere sfide nuove, non previste nei programmi elettorali e nei contratti di coalizione. Chi governa deve considerare la comunità politica nel suo complesso, pensando al lungo periodo, non alle prossime elezioni; deve dar conto delle proprie scelte agli elettori, nel rispetto però dei vincoli dello Stato. L’azione di governo richiede competenza, capacità di diagnosticare i problemi, di rispondere a sfide improvvise e di salvaguardare le condizioni che consentono alla popolazione di crescere nella stabilità sociale e politica. L’attuale legge di bilancio e il conflitto con Bruxelles rischiano di provocare una seria crisi finanziaria e di compromettere i rapporti con i nostri partner e forse la nostra stessa appartenenza all’Unione Europea. Sono allarmati le istituzioni internazionali, i governi europei e l’Italia che produce e risparmia. Insistere con prove di forza e rifiutare ragionevoli compromessi non ha nulla a che vedere con la presunta lotta tra democrazia e mercato, tra popoli e burocrati non eletti. E’ semplicemente una scelta irresponsabile: un madornale errore. L’erogazione di aiuti risponde a logiche elettorali: l’interesse dell’intero può aspettare.  Se il risultato elettorale prevale, è probabile che l’interesse generale sia sacrificato agli interessi di parte. Il rischio è che si scarichi l’enorme debito pubblico su figli e nipoti. Conviene davvero alle parti rappresentate da Di Maio e Salvini? Il governo preferisce vedere illusioni; deve invece misurarsi con i fatti. Assistiamo a politiche gravemente insufficienti.

Giornalista Maurizio Ferrara

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La democrazia e il possibile nuovo corso in Europa

Cardine della democrazia è il principio che tutti gli uomini nascono eguali. Il suo fondamento è che ogni uomo è razionale.  La democrazia è il risultato di processi lunghi, capaci di abilitare chi fa politica a ‘sentire’ il Paese; a interpretare il sentimento popolare senza farsi condizionare; a tutelare i diritti delle persone e dei popoli; a elaborare proposte per le nuove generazioni guardando al domani, non al consenso immediato. La democrazia presuppone che la maggioranza dei cittadini percepisca la classe politica come legittima e capace. La democrazia procede nel rispetto del principio di maggioranza: chi ha più voti governa. La selezione della classe dirigente è determinante: va rifiutato il criterio della mediocrità e dell’obbedienza al capo. La fiducia nell’intelligenza dell’uomo, soprattutto con le guerre mondiali, ha subito scosse quasi irrimediabili: si può credere nella razionalità umana?  La corruzione, il trasferimento delle decisioni a livello sovranazionale, il rifiuto delle élites, la crisi economica che crea disuguaglianze, la carenza propositiva dei partiti di opposizione hanno determinato il rifiuto delle classi politiche tradizionali e l’improvvisa ascesa di nuovi movimenti, anch’essi guidati da un ristretto gruppo dirigente. Al rapporto che legava i dirigenti di partito a iscritti ed elettori attraverso una capillare organizzazione sul territorio, si è sostituito un rapporto attraverso i media digitali, aperto a possibili, incontrollate manipolazioni. Continua a leggere

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Il precipizio è davanti a noi, ma il governo italiano non se ne accorge

Il governo italiano sfida l’Unione Europea, convinto che il consenso e la storia siano dalla sua parte. Così evita di vedere la realtà e non avverte il pericolo. Scommette che, nel prossimo maggio, i raggruppamenti critici nei confronti dell’Unione Europea vinceranno le elezioni, mutando i rapporti di forza. Il potere inebria, specie quando si hanno molti posti da spartire e non si è abituati a farlo. Stordisce in particolare gli ultimi arrivati, emersi dal nulla. Una parte crescente dell’Italia che lavora e produce teme di pagare un prezzo alto e ingiusto all’incompetenza e all’arroganza di chi oggi ci governa. L’opinione pubblica non percepisce il rischio che già mina la solidità dei nostri risparmi. Non si può procedere a lungo con lo spread oltre quota 250 punti, con punte sopra i 300. A segnalare la nostra debolezza è il confronto con la Spagna. Sono in crisi alcuni istituti bancari. E’ come se fossimo tornati al 2011. L’Italia è oggi isolata in Europa, respinta anche da governi, come Austria e Ungheria, che la Lega considera interlocutori naturali e alleati preziosi.  Il paradosso è che la trattativa tra Italia e Commissione europea è tenuta dai due personaggi presi di mira dal governo italiano: il presidente Jean Claude Juncker e il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici. Solo un dialogo con loro può condurre a un giusto compromesso. Chiediamoci però perché Di Maio e Salvini non hanno partecipato alle trattative con la Commissione europea. Ne sono stati protagonisti Conte e Tria. E’ indebolita la credibilità del ministro Tria: appare ostaggio rassegnato di Salvini e Di Maio. Da lui si attende un discorso serio e pubblico sui pericoli che ci aspettano se continueremo a violare le regole europee. Intanto il quadro economico cambia in peggio. Basta ricordare la nuova crisi economica internazionale e l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. I dati negativi su crescita, produzione e andamento degli ordinativi dovrebbero suscitare ripensamenti sull’intero impianto del nostro bilancio. Sono urgenti interventi e investimenti.

Giornalista Ferruccio De Bortoli

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Occorre evitare che il peggio ritorni

Poniamo che il prossimo Parlamento europeo veda una forte presenza di nazionalisti e di chi vuol far valere la propria originalità nazionale; poniamo che in Germania cresca il condizionamento di gruppi contrari a una Unione Europea forte; poniamo che in Francia Macron perda il confronto con i suoi competitori; poniamo che il  governo italiano metta radici e si sviluppino movimenti simili a M5S e Lega; poniamo che, con la rielezione di Tramp, i legami  nel Mondo Occidentale si logorino ulteriormente; in questa ipotesi (possibile) come e chi potrà rilanciare l’Europa? Chi avrà la forza di portare nel mondo la nostra cultura, così feconda negli scorsi tre millenni? Immaginiamo un possibile disfacimento dell’Unione Europea e il ritorno agli Stati nazionali, ognuno con la pretesa di essere il primo, dopo aver cancellato l’egemonia degli Stati Uniti d’America e l’integrazione europea guidata dalla Germania. Cosa ne sarebbe dei singoli Stati europei?  L’Europa sarebbe contesa tra le grandi potenze (USA, Cina, Russia), ciascuna con l’appoggio di alcuni Paesi europei. Tensioni sempre nuove faciliterebbero, in Europa, l’emergere di fazioni legate all’una o all’altra potenza. Già oggi c’è chi opera attivamente verso questo risultato. “Poco male”, direbbe Salvini, che si dice più a suo agio in Russia, in Ungheria, in Polonia che nell’Unione. Chiediamoci quali effetti ne deriverebbero per le nostre vite e per le nostre nazioni.  Passeremmo dall’egemonia di potenze democratiche e liberali, gli USA e la Germania, a quella di Stati autoritari e illiberali, come la Russia e la Cina, che già investono molto in un’Europa divisa. I segni di pericolose rivalità si notano già, come il braccio di ferro tra Italia e Francia per la supremazia in Libia. Può essere pericolosa anche l’influenza di potenze autoritarie del Medio Oriente. L’Europa, per continuare a esistere come entità autonoma e potente, deve evitare il fascino di governi nazionalisti e autoritari, valorizzare la vitalità dei suoi Stati nazionali e puntare decisamente all’integrazione tra gli Stati europei.

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“Prima io”. E’ l’origine della guerra e delle divisioni

Anche nell’Unione Europea ogni Stato vuole essere il primo:  al centro. Di Maio e Salvini: “L’Italia deve tornare a essere sovrana e prima”. Se prevale questa impostazione, la competizione e i contrasti tra gli Stati europei sono destinati ad aumentare. Ascoltiamo Helmuth Kohl: “L’integrazione europea è la migliore garanzia contro la possibilità che la guerra torni a insanguinare l’Europa”. Francois Mitterrand: “Il nazionalismo è la guerra. La guerra non è solo il nostro passato; può essere anche il nostro futuro”. Angela Merkel: “I nazionalismi portano la guerra”.  John Mearsheimer: “Il passato può tornare. Dopo la caduta del muro di Berlino l’Europa potrà tornare a dividersi come ha sempre fatto. Gli Stati europei potranno ricominciare a praticare (gli uni nei confronti degli altri) il vecchio gioco della politica di potenza”. Finora l’integrazione europea ha dato qualche risultato perché ha prodotto benefici per tutti i Paesi: ognuno guadagnava. Il ritorno dei nazionalismi cambia tutto. Se prevale l’idea che il guadagno di uno Stato comporta automaticamente una perdita da parte dell’altro, si abbandona il percorso dell’integrazione e si rischia di far implodere l’Unione, che può diventare di nuovo luogo di competizione e di conquista. Sfruttando le divisioni tra Stati, le grandi potenze, in competizione tra loro, potranno cercare di accrescere la propria influenza, creando così nuove tensioni. I contenziosi tra Stati non avrebbero più a disposizione quello strumento di dialogo e di confronto che è la Comunità Europea, dove ci si incontra e ci si scontra e poi si trova la soluzione. Chi teme che il nostro peggior passato ritorni deve condannare i nazionalismi e occuparsi di eliminare limiti e difetti dell’attuale Unione.

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