Come sono andate le recenti elezioni politiche?

L’aver votato è di  per sé positivo. In un tempo in cui i Cinesi puntano su un capo a vita; i Russi accettano un capo fin che lo decide lui; la Corea del Nord un dittatore osannato e affamatore del popolo; i Venezuelani un dittatore che impoverisce e massacra; i Siriani un capo che uccide e bombarda i sudditi e via dicendo, che l’Italia voti è una festa, mai scontata. La soddisfazione aumenta perché, inaspettatamente, gli italiani votanti superano il 72%. Se guardiamo poi l’età di eletti e dirigenti, risulta che non siamo più un popolo governato da vecchi: tutte le età sono rappresentate, con una presenza rilevante di cittadini tra i 20 e i 40 anni. E’ confermata anche la presenza notevole di donne elette: il 34%.

Preoccupano altri dati. Uno, quasi ignorato dai commentatori politici, ci pare di grande peso: a chi hanno dato il voto le mafie? Sconcerta quanto accaduto in Sicilia: pochi mesi fa, alle elezioni regionali, ha vinto alla grande il Centro Destra, con presidente Musumeci, proveniente da Alleanza Nazionale e voluto da Meloni e Salvini. Chiediamo: come si spiegano la sconfitta alle politiche dello stesso Centro Destra e la vittoria schiacciante del M5S in tutti i collegi uninominali dell’isola? Un fenomeno simile si è verificato in Calabria, Puglia, Campania e Basilicata. La domanda è scontata (ma chi se la pone tra commentatori e capi politici?): quanti milioni di voti sono in grado di spostare le mafie del Sud e in parte del Centro Italia? Nel resto dell’Italia, la quantità di voti pilotati è inferiore, ma rilevante. Chi conosce il fenomeno mette in guardia: le mafie consolidano il loro potere; hanno un ruolo decisivo nel Sud e in parte del Centro, dove decidono, di volta in volta, quale partito appoggiare perché ritenuto, in quel momento, vincente e affidabile. Si muovono anche in altre aree dell’Italia. Si deve combattere ogni infiltrazione. Il fatto che i capi del M5S, vincitore in tutto il Sud e in altre zone d’Italia, hanno deciso di controllare possibili infiltrati è una conferma che il fenomeno esiste.

E il Partito Democratico?

Veniamo al PD, il partito che abbiamo sostenuto. La sconfitta, attesa, è diventata disfatta, oltre ogni previsione. Di positivo c’è che questo partito potrà vivere (non è detto che lo faccia)un periodo di purificazione e

di riflessione sulle cause della sconfitta e sui progetti che intende porre al centro della sua rinascita. Il crollo elettorale nasce dalla chiusura del partito in se stesso, retto da pochi iscritti che si rincorrono tra loro. Va costruito un progetto politico coinvolgente e realizzabile, a partire dal proprio Comune. La gente del centro sinistra esige una elaborazione di idee e di programmi circa il proprio territorio, la nuova Italia e la nuova Europa. Non altrettanto avviene tra i concorrenti, abituati a non fare vita di partito.

L’esempio è Forza Italia, partito costruito sulla dipendenza dal capo: neppure si pone la questione partecipazione. “Fratelli d’Italia” ha perduto la forza originaria, quella del MSI e, in parte, di Alleanza Nazionale. Anche la Lega ha messo da parte, nel tempo, il suo slancio popolare. Restano le grandi assemblee e le grandi feste con cena. Qualche volta si discute anche, ma una sola è la voce che vale: quella di Matteo Salvini. Fin che va e il partito vince tutto bene. Ma per quanto tempo? Dalla sua parte la Lega ha che è in grado di mettere in campo un gruppo di dirigenti e di amministratori locali di valore. Non è detto però che questo gruppo regga all’impatto con la politica nazionale e soprattutto europea: la figura di Salvini crea contrapposizioni, diffidenze e ostilità e spinge l’Italia a privilegiare il rapporto con gli Stati dell’Est Europa (Ungheria, Polonia, Cechia, Slovacchia), con prevedibili, crescenti tensioni con Germania, Francia e Stati del Nord Europa. Il discorso vale anche per il M5S. Per di più le sue esperienze di governo mostrano molti limiti, a partire dal Comune di Roma. Governare l’Italia e partecipare al governo dell’Unione Europea è difficile. La grande politica non si improvvisa. Ci pare evidente l’impreparazione. Molti parlamentari del M5S non si conoscono. Riusciranno a costruire un progetto comune e dialogico per l’Italia e per l’Europa? Difficile. La nascita del nuovo governo sarà importante, ma non decisiva. Decisive saranno la capacità di governare l’Italia nella sua complessità, che non permette di procedere per slogan, e il rapporto con l’UE. Quando avremo queste risposte, potremo intravvedere gli sbocchi dell’Italia, nel contesto europeo.

 

 

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Archiviato in Elezioni Politiche 2018, Parere di Tito Brunelli

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