Bilanci e costi della politica. I soldi sono pochi ?

da “Il bilancio del Comune di Verona per il 2010 e per il 2011″ (8)

Domanda: perché quelli che ci sono si spendono nei modi che seguono?

*Primavera 2008. La Regione Veneto regolarizza e stabilizza, con posto fisso, lavoratori precari, tra i quali collaboratori di partiti o di singoli politici, che lavorano, su chiamata diretta, senza concorso. Un solo contrario: Diego Cancian del PNE: “Gli eletti hanno qualcuno da sistemare. L’organico della Regione aumenterà di 80 persone negli uffici della Giunta e in Consiglio. E i partiti chiameranno altri collaboratori”. Cosa vuol dire? 80 porta borse vengono assunti a servizio di politici e altri 80, o giù di lì, porta borse precari sono in arrivo.

*Gennaio 2009. La Corte dei Conti, nel 2007, chiede alla Regione Veneto di ridurre di 52 milioni i costi della politica. Ci si è fermati a quota 879.900 euro. I costi del personale sono stati tagliati del 3%, con risparmio di quasi 4 milioni e mezzo. Però i CdA di società partecipate non sono stati ridotti e le collaborazioni precarie sono cresciute del 67%, con un costo di 3.700.000 euro.

*Dicembre 2010. Nel 2009 il costo del Consiglio regionale è aumentato di 2.900.000: 58,7 milioni contro i 55,8 del 2008. Aumentano le spese per l’indennità di carica e di missione dei consiglieri. Aumentano del 4% gli assegni vitalizi ai 151 ex consiglieri (totale: 21 milioni), con spesa pari al 37% dell’intero bilancio del Consiglio. L’aumento, rispetto al 2008, è di 77.000 euro. 14.659.000 euro per il funzionamento della macchina (economato, telefono, documentazione, stampa), pari al 26% dei costi: 2,5 milioni in più rispetto al 2008. Spesa per circa 200 dipendenti del Consiglio: 13 milioni, il 23,4% del bilancio, con aumento di 505.000 euro. Funzionamento dei gruppi consiliari: 6 milioni, il 10,5% del totale: 66.000 euro in più in un anno. Il 40% del bilancio del Consiglio regionale va a favore dei consiglieri.

*Febbraio 2008. In un Parlamento già defunto, l’onorevole Vincenzo Nespoli di A.N. infila nel “millepropoghe” un emendamento, guardato con simpatia da destra e da sinistra: quanti “hanno ricoperto funzioni pubbliche elettive o cariche sindacali” hanno diritto di conservare il posto di lavoro, con aspettativa retribuita per magistrati e professori universitari, e a non perdere un centesimo della pensione. Paga la collettività. Dopo mesi di polemica sui costi della politica. “Ah no, questo no”, grida, mettendosi di traverso il deputato Antonio Borghesi di IdV. L’emendamento, non potendo passare se non col consenso complice di tutti, è saltato. Allora.

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