1) In Italia il 53% dei nuclei familiari non ha figli
Dei nuclei che hanno figli:
– il 21,9% ne ha uno;
– il 19,5% ne ha due;
– il 4,4% ne ha tre;
– lo 0,7% va oltre i tre.
2) Perché le coppie rinunciano ad avere figli?
– il 19,5% per motivi economici (mancanza di soldi e precarietà del lavoro);
– l’11,7% ci penserà più avanti, in tempi migliori;
– il 9% non concilia la cura del figlio con gli orari di lavoro;
– l’1,5% per occupazione precaria;
– lo 0,3% per carenza di servizi e perché la casa è piccola;
– il 57,8% per motivazioni personali (soggettivi, psicologici); per senso di incertezza e per i rischi nel futuro; per difficoltà di educazione dei figli (come educare?). Si tratta di debolezza psicologica e culturale, di paura di generare, di incertezza del futuro cha aumenta le responsabilità.
3) Invecchiamo
– siamo 30 anziani ogni 100 persone attive;
– l’età media sale a 43,3 anni, due in più rispetto al 2000. I decessi segnano un record dal 1946;
– la natalità torna a calare nel 2009 (6750 nati in meno rispetto al 2008).
4) I figli sono il futuro della società; non sono un bene privato.
Per questo le famiglie chiedono che si agisca su tre versanti:
– conciliare i tempi della famiglia e quelli del lavoro. I figli non scompaiono dopo la prima infanzia. E’ in difficoltà il 36,6% delle madri lavoratrici con figli da 0 a 5 anni, ma anche il 44,7% di quelle con figli tra 6 e 10 anni. Le imprese devono tener presente;
– un sistema di servizi che aiuti le famiglie rispetto ai compiti di cura per figli, anziani, disabili, …;
– una riforma fiscale graduale, che parta dall’aumento degli assegni familiari.
L’Italia non è una nazione per i bambini, per i figli?
Almeno dagli anni ’80 la politica non investe sulle nuove generazioni.
Si è sempre pensato che la famiglia tenesse. Oggi invece è in difficoltà.
Non è garantita la libertà di procreare quanti figli si desiderano: le donne immigrate hanno in media 2,2 figli; le italiane 1,33, ma, da indagini svolte, ne desidererebbero 2,13. Da qui si può ripartire.
La novità è che emergono nuovi concetti di famiglia, che non è famiglia.
Si può ripartire se si riporta la famiglia al centro della politica, con:
– un fisco a misura di famiglia: è questo il motore che rende possibile la distribuzione del reddito: una minore disponibilità economica delle famiglie significa minore investimento per i figli. Punto di partenza è dedurre il costo dei figli dall’imponibile.
– un cambio di prospettiva culturale: va bene dare soldi, ma non è sufficiente. Il popolo italiano deve rendersi conto della centralità della famiglia come ce la presenta la Costituzione, come comunità base dell’esperienza dell’amore e della vita, come ambiente relazionale e sostegno nelle difficoltà dei singoli membri. In questo quadro, il figlio non ha prezzo; non è un bene di consumo alternativo ad altri: a una vacanza, all’auto, alla casa. E’ ricchezza per tutti.
Dati del Forum delle famiglie e del CISF (centro internazionale studi famiglia).
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Dove sono i nostri figli?
1) In Italia il 53% dei nuclei familiari non ha figli
Dei nuclei che hanno figli:
– il 21,9% ne ha uno;
– il 19,5% ne ha due;
– il 4,4% ne ha tre;
– lo 0,7% va oltre i tre.
2) Perché le coppie rinunciano ad avere figli?
– il 19,5% per motivi economici (mancanza di soldi e precarietà del lavoro);
– l’11,7% ci penserà più avanti, in tempi migliori;
– il 9% non concilia la cura del figlio con gli orari di lavoro;
– l’1,5% per occupazione precaria;
– lo 0,3% per carenza di servizi e perché la casa è piccola;
– il 57,8% per motivazioni personali (soggettivi, psicologici); per senso di incertezza e per i rischi nel futuro; per difficoltà di educazione dei figli (come educare?). Si tratta di debolezza psicologica e culturale, di paura di generare, di incertezza del futuro cha aumenta le responsabilità.
3) Invecchiamo
– siamo 30 anziani ogni 100 persone attive;
– l’età media sale a 43,3 anni, due in più rispetto al 2000. I decessi segnano un record dal 1946;
– la natalità torna a calare nel 2009 (6750 nati in meno rispetto al 2008).
4) I figli sono il futuro della società; non sono un bene privato.
Per questo le famiglie chiedono che si agisca su tre versanti:
– conciliare i tempi della famiglia e quelli del lavoro. I figli non scompaiono dopo la prima infanzia. E’ in difficoltà il 36,6% delle madri lavoratrici con figli da 0 a 5 anni, ma anche il 44,7% di quelle con figli tra 6 e 10 anni. Le imprese devono tener presente;
– un sistema di servizi che aiuti le famiglie rispetto ai compiti di cura per figli, anziani, disabili, …;
– una riforma fiscale graduale, che parta dall’aumento degli assegni familiari.
L’Italia non è una nazione per i bambini, per i figli?
Almeno dagli anni ’80 la politica non investe sulle nuove generazioni.
Si è sempre pensato che la famiglia tenesse. Oggi invece è in difficoltà.
Non è garantita la libertà di procreare quanti figli si desiderano: le donne immigrate hanno in media 2,2 figli; le italiane 1,33, ma, da indagini svolte, ne desidererebbero 2,13. Da qui si può ripartire.
La novità è che emergono nuovi concetti di famiglia, che non è famiglia.
Si può ripartire se si riporta la famiglia al centro della politica, con:
– un fisco a misura di famiglia: è questo il motore che rende possibile la distribuzione del reddito: una minore disponibilità economica delle famiglie significa minore investimento per i figli. Punto di partenza è dedurre il costo dei figli dall’imponibile.
– un cambio di prospettiva culturale: va bene dare soldi, ma non è sufficiente. Il popolo italiano deve rendersi conto della centralità della famiglia come ce la presenta la Costituzione, come comunità base dell’esperienza dell’amore e della vita, come ambiente relazionale e sostegno nelle difficoltà dei singoli membri. In questo quadro, il figlio non ha prezzo; non è un bene di consumo alternativo ad altri: a una vacanza, all’auto, alla casa. E’ ricchezza per tutti.
Dati del Forum delle famiglie e del CISF (centro internazionale studi famiglia).
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